SAPORE

Non è vero che un sapore vale l’altro e che tutto ha lo stesso sapore, perché se senti bene, è quella nota di gusto, proprio quella e non un’altra, che fa riaffiorare tutta una serie di considerazioni e situazioni vissute.
Qualcuno tra i lettori certamente ricorderà con nostalgia qualche pranzetto consumato da bambini a casa dei nonni, quel gusto particolare, quel sapore speciale, che resta lì, fisso nella memoria. Noi ce li abbiamo i nostri sapori buoni del cuore, quelli che ci riportano a casa, quelli che portano con sé tutta la cura di quello che per noi era stato preparato, dedicando attenzione, dando amore, ascolto, accoglienza, tempo.

E pensare che può essere capitato che un cibo ci rimanesse indigesto, perché qualcosa era andato storto tra i commensali: resta il ricordo di un sapore amaro, anche se la pietanza in sé non aveva nulla che non andasse.

Ci siamo ricordati di come Gesù Risorto incontra i discepoli sul lago di Tiberiade, nell’episodio della pesca miracolosa: Lui li aspetta a riva, con un fuoco di brace con del pesce sopra e del pane (Gv 21, 9). Chissà se, dopo l’Ascensione, Pietro e gli altri amici di Gesù sono tornati con la mente al sapore di quel cibo, gustato insieme al loro Maestro, che aspettava proprio loro, e chissà cosa nelle loro vite è stato mosso dal ricordo di quel sapore…

Per gustare c’è bisogno di sostare. Se trangugio tutto quanto, il sapore non lo sento. Se voglio divorare, non assaporo il gusto. Concedersi di sentire il sapore, è darsi il tempo di stare, perché le cose buone hanno bisogno di tempo donato.

Questa dimensione di lentezza tanto spesso ci provoca e ci richiama all’ordine: a rallentare il ritmo, fare spazio, scegliere di stare per gustare, fare meno per fare meglio, dedicare tempo all’altro, qui e adesso, perché abbiamo tutti un gran bisogno di sentirci invitati ad una tavola imbandita per noi, sentire quel buon sapore che ci resta impresso nel cuore e ci faccia sentire a casa.

Fra e Francio
Fraternità Evangelii Gaudium