Giovanni 2,1-11
Tre giorni dopo, ci fu uno sposalizio a Cana di Galilea e c’era la madre di Gesù. Fu invitato alle nozze anche Gesù con i suoi discepoli. Nel frattempo, venuto a mancare il vino, la madre di Gesù gli disse: «Non hanno più vino». E Gesù rispose: «Che ho da fare con te, o donna? Non è ancora giunta la mia ora». La madre dice ai servi: «Fate quello che vi dirà».
Vi erano là sei giare di pietra per la purificazione dei Giudei, contenenti ciascuna due o tre barili. E Gesù disse loro: «Riempite d’acqua le giare»; e le riempirono fino all’orlo. Disse loro di nuovo: «Ora attingete e portatene al maestro di tavola». Ed essi gliene portarono. E come ebbe assaggiato l’acqua diventata vino, il maestro di tavola, che non sapeva di dove venisse (ma lo sapevano i servi che avevano attinto l’acqua), chiamò lo sposo e gli disse: «Tutti servono da principio il vino buono e, quando sono un po’ brilli, quello meno buono; tu invece hai conservato fino ad ora il vino buono».
Così Gesù diede inizio ai suoi miracoli in Cana di Galilea, manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui”
#segno #acqua/vino #affidamento #festa
Ci sono alcuni passaggi belli e significativi in questo brano di Vangelo molto famoso.
Innanzitutto, è noto come “il miracolo di Gesù”, ma l’evangelista lo chiama “segno”, proprio perché Gesù non lo ha fatto per suscitare meraviglia, ma per rivelare l’amore del Padre.
Mi colpisce il fatto che questo vino buono non viene prodotto senza quell’acqua: la novità si propone in continuità su qualche cosa che c’è già. Come scrive Tommaso d’Aquino: “Se Gesù non ha voluto fare del vino partendo dal nulla, ma a partire dall’acqua, è per mostrare che egli non veniva assolutamente per fondare una nuova dottrina e rigettare l’antica, ma per compierla”. Nella mia vita, questo passaggio mi indica che anche io non possiedo ancora questo vino, ma lo posso ricevere ogni giorno attingendolo dalla Parola.
“Qualsiasi cosa vi dica, fatela”: quello che fanno i servitori, mettendo in pratica una richiesta, è riempire grosse giare con tantissimi litri d’acqua, mentre quello che manca alla festa è il vino; proprio attraverso questo gesto di affidamento, le nozze tornano ad essere una festa. Il segno dell’acqua diventata vino, che restituisce il meglio al termine del banchetto, mi ricorda che la presenza di Dio nella mia vita è capace di suscitare una forza di resurrezione anche nelle circostanze più compromesse. Alla fine non c’è necessariamente la fine, ma può sorgere l’inizio di una felicità più grande.
– “Ogni segno è custode di un messaggio profondo da cogliere”: mi accorgo di trovare parole nuove e trasformate nella quotidianità della mia vita? Quali?
– Che cosa mi manca in questo momento per rendere piena la mia gioia?
– Quale mio atteggiamento impedisce alla forza della resurrezione di entrare nella mia vita?
– Nella mia vita c’è più acqua o c’è più vino?
Beato chi teme il Signore e cammina nelle sue vie.
Della fatica delle tue mani ti nutrirai, sarai felice e avrai ogni bene
(Salmo 127)
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