I dati sull’astensionismo recente e su quello previsto in occasione delle prossime elezioni regionali, amministrative ed europee sono allarmanti: si viaggia ormai verso/oltre il 50% di astenuti.
Non si tratta di una novità recentissima, ovvero nel corso di quasi mezzo secolo le cause dell’astensionismo si sono venute modificando, dalla disillusione degli elettori nel ’79 (fallimento operazione di governo di unità nazionale), negli anni ’90 con le difficoltà della Bicamerale e le difficoltà di garantire veri meccanismi democratici di elaborazione delle volontà politiche ed ora con l’avvento dei populismi e delle candidature- specchietto.
La politica sta diventando inutile? E noi credenti davvero vogliamo stare fuori da questo terreno di gioco?
Papa Francesco ormai più di tre anni fa ci lanciava questo bellissimo messaggio “Non potete restare fuori da dove si genera il presente e il futuro. O siete coinvolti o la storia vi passerà sopra”.
Dopo tanti anni di esperienza in ambito ecclesiale (cresciuta in Azione Cattolica e approdata anche nella Fraternità Evangelii Gaudium), in modo abbastanza casuale, sono stata coinvolta da una lista civica e mi hanno proposto di presentare la candidatura presso la circoscrizione di Torino (per grandi città come Milano, Roma e Torino la città è divisa in municipalità o circoscrizioni che contano tra gli 80.000 e i 130.000 abitanti).
Seppur molto spaventata da un terreno a me sconosciuto, in questi due anni e mezzo ho fatto questa esperienza:
– per quanto lenta e farraginosa, gli iter politici (e amministrativi) orientano determinate scelte (si pensi alla mobilità, all’accessibilità per le persone con disabilità, gli investimenti per la cultura);
– la democrazia è indubbiamente faticosa, ma i meccanismi di rappresentanza son davvero fondamentali per ricordarci che non siamo individui, ma siamo collettività ed il contraddittorio richiede preparazione e profondità;
– si possono attivare piccole cose, in connessione con la cittadinanza, per far sentire la presenza delle istituzioni (es. cura dello spazio pubblico, usi temporanei di edifici pubblici).
Ecco, queste sono solo alcuni degli aspetti, ma – più di tutto – mi preme ricordare il senso più profondo, ovvero occuparsi e stare “in politica” con uno stile di libertà, senza ansie di ruoli o posti o incarichi, è un modo per ri-accreditare la fiducia dei cittadini nelle istituzioni.
Senza politica saremmo individui e – senza comunità – un paese non va avanti.
Infine un invito: fare politica è anche monitorare le azioni delle persone elette a cui abbiamo accordato la nostra preferenza di voto, vedere cosa fanno, scrivere proposte, fare segnalazioni alle istituzioni. E’ un modo profondamente cristiano perché curarsi della “polis” è in primo luogo un modo per avere cura dei fratelli e del mondo in cui viviamo.
Isabella
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