Lc 9,37-45
Il giorno seguente, quando furono discesi dal monte, una grande folla gli venne incontro. A un tratto, dalla folla un uomo si mise a gridare: “Maestro, ti prego, volgi lo sguardo a mio figlio, perché è l’unico che ho! Ecco, uno spirito lo afferra e improvvisamente si mette a gridare, lo scuote, provocandogli bava alla bocca, se ne allontana a stento e lo lascia sfinito. Ho pregato i tuoi discepoli di scacciarlo, ma non ci sono riusciti”.
Gesù rispose: “O generazione incredula e perversa, fino a quando sarò con voi e vi sopporterò? Conduci qui tuo figlio”. Mentre questi si avvicinava, il demonio lo gettò a terra scuotendolo con convulsioni. Gesù minacciò lo spirito impuro, guarì il fanciullo e lo consegnò a suo padre.
E tutti restavano stupiti di fronte alla grandezza di Dio.
Mentre tutti erano ammirati di tutte le cose che faceva, disse ai suoi discepoli: “Mettetevi bene in mente queste parole: il Figlio dell’uomo sta per essere consegnato nelle mani degli uomini”.
Essi però non capivano queste parole: restavano per loro così misteriose che non ne coglievano il senso, e avevano timore di interrogarlo su questo argomento.
Il brano che leggiamo oggi segue il racconto della trasfigurazione. Pietro, Giovanni e Giacomo sono rapiti dalla bellezza che li circonda tanto da voler rimanere lì. Ma la vita di tutti i giorni li attende. Ed ecco che appena scendono la folla gli va incontro: quanta gente ha bisogno di incontrare il Signore, ha bisogno di una Parola, cerca qualcuno che lo ascolti e lo tiri fuori dal male che lo tormenta.
Il figlio per cui il padre chiede la guarigione rappresenta un po’ tutti i noi.
I discepoli sono con Gesù, sanno come lui opera e guarisce. Alcuni (Pietro, Giovanni e Giacomo) sono stati scelti da Gesù per assistere al momento molto intenso e
intimo della trasfigurazione (che anticipa la sua resurrezione). Eppure sembra che non basti, che siano sempre al punto di partenza.
Noi siamo nella stessa situazione. Ma perchè non riusciamo a continuare la sua opera qui, ossia vincere lo spirito del male? Gesù fa la diagnosi: “Generazione senza
fede e pervertita”.
Ci facciamo aiutare da padre Silvano Fausti che in uno dei suoi commenti scrive cosi:
“Non è che noi non abbiamo fede, abbiamo tanta fede in tante parole vuote e in tutte le nostre paure.
Non abbiamo fede nella Parola, che è l’amore del Padre, che il Figlio ci rivela.
Quindi la nostra impotenza è la mancanza di fede in Dio, perché tutto è possibile a chi crede in Dio.
Hai la potenza di Dio, se credi in Dio. Se hai fiducia in Lui e ti appoggi a Lui, hai il suo appoggio, tiene.
Ma se io mi appoggio alle mie paure, ai miei vuoti è chiaro che ci casco dentro. Il problema è che io non viva nei miei vuoti, nella fede nei miei vuoti, piegando le ginocchia davanti alle mie paure.
Noi abbiamo sempre fede in qualcosa, o nelle paure o in Dio, che è esattamente il contrario. La fede nelle mie paure è la mancanza di fede in Dio e la fede in Dio è esattamente ciò che vince le mie paure.
Ma fede in che cosa? Non una fede qualunque.
C’è spesso una fede superstiziosa che vede dio come una macchinetta che fa quello che voglio io.
Sono, invece, io che devo avere fede in quel Dio che è così, si mette nelle mani degli uomini e che vince il male portandolo su di sé, quel Dio che è Amore.
L’amore è la conversione, in modo da vivere di questi amori e non dei nostri egoismi.”
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