Quest’anno la mia ragazza Iolanda mia ha fatto una super sorpresa, mi ha regalato i biglietti per andare a vedere il musical Notre-Dame de Paris, un musical che ho sempre amato e che quando fu portato in scena per la prima volta in Italia nel 2002 avevo solamente 11 anni. Uno spettacolo che mi è sempre rimasto nel cuore e che speravo di vederlo un giorno.
Dopo 20anni ecco l’opportunità, rivedere il cast del 2002, sentire l’ebrezza, l’adrenalina, vedere il fascino e la bellezza, essere presenti insieme ad altre mila persone ad Assago Forum di Milano e respirare quest’aria non ha prezzo. Sentire le voci di Quasimodo, Esmeralda, Frollo, Febo, Fiordaliso e Gringoire che cantano le musiche di Riccardo Cocciante e sentire il pubblico (me compreso insieme a Iolanda) cantare le loro canzoni, è un’emozione che non capita tutti i giorni.
Un insieme di generazioni di adulti e giovanissimi che in quel momento vivevano per la prima volta (non per molti) la Parigi del 1482, di vedere l’emozioni contrapposte scaturite tra la fede di Frollo che diventerà vacillante nel vedere Esmeralda e la passione di Quasimodo che ha un cuore pieno di amore per la bella zingara nonostante il suo aspetto da “mostro” e quella di Febo che è combattuto se amare Esmeralda o Fiordaliso, suscitando proprio in Fiordaliso senso di vendetta verso la gitana. In tutto questo vortice di emozioni esiste ed è forte il senso di famiglia che ha Clopin verso il suo popolo di zingari e di sua sorella Esmeralda.
Il tema di essere stranieri e zingari è stato il principale protagonista di Notre-Dame, cercare rifugio e casa in una città che non li voleva, combattere odio e pregiudizio, questo tema ha fatto nascere in me un senso di come vogliamo cambiare il nostro modo di essere umani, chiedendomi che differenza fa essere stranieri nel 2023 ed essere stranieri nel 1482? Il tutto è stato introdotto dal poeta Gringoire che davanti al sagrato di Notre-Dame canta Il tempo delle Cattedrali.
Vi saluto lasciandovi questa domanda, Noi che tempo delle cattedrali stiamo vivendo?
Federico P.
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