Giovanni 21, 19c-24
In quel tempo. Il Signore Gesù disse a Pietro: «Seguimi». Pietro si voltò e vide che li seguiva quel discepolo che Gesù amava, colui che nella cena si era chinato sul suo petto e gli aveva domandato: «Signore, chi è che ti tradisce?». Pietro dunque, come lo vide, disse a Gesù: «Signore, che cosa sarà di lui?». Gesù gli rispose: «Se voglio che egli rimanga finché io venga, a te che importa? Tu seguimi».
Si diffuse perciò tra i fratelli la voce che quel discepolo non sarebbe morto. Gesù però non gli aveva detto che non sarebbe morto, ma: «Se voglio che egli rimanga finché io venga, a te che importa?».
Questi è il discepolo che testimonia queste cose e le ha scritte, e noi sappiamo che la sua testimonianza è vera.
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Bella questa conclusione del Vangelo di Giovanni.
Gesù Risorto si è presentato per la terza volta ai suoi discepoli, ha mangiato con loro e un attimo prima delle Parole che leggiamo oggi ha chiesto a Pietro per tre volte: “Mi vuoi bene?”.
Pietro, ne rimane quasi rattristato: pensa che Gesù non capisca che lui lo ama ma in realtà Gesù lo ama così tanto che gli permette di riscattare il suo triplice rinnegamento.
Dopo questo scambio Gesù conclude con il verbo usato durante la chiamata degli apostoli: “Seguimi”!
Come mai?
A quel punto potremmo dire che era chiaro che Pietro lo avrebbe seguito, in realtà credo che Gesù avesse capito che aveva bisogno di sentirselo dire ancora una volta. Così come noi oggi abbiamo bisogno di sentircelo dire per svegliarci dal nostro torpore del tran tran quotidiano, dalla routine, per tornare alle radici della nostra fede, delle nostre scelte, per confermarle o per accorgerci che certe cose possiamo lasciarle andare.
Sento il bisogno di “essere chiamata e invitata”?
Come vivo la mia fede nelle nuove sfide che si presentano? Sono capace di leggere le cose che accadono sempre con spirito nuovo e non legato al passato?
Mi piace soffermarmi anche sul modo con cui Giovanni parla di sé, con cui ci ricorda chi è: il discepolo che Gesù amava e soprattutto il discepolo che durante l’ultima cena ha chinato il capo sul suo petto. Credo sia uno dei pochissimi episodi o forse l’unico in cui un suo discepolo si avvicina a Gesù e compie un gesto di tenerezza, di vera vicinanza. Giovanni era uno dei tre “preferiti” da Gesù, é colui che fino alla fine, sotto la croce, gli sta vicino, colui a cui Gesù chiede di prendersi cura di sua madre.
Sento io questa voglia di vicinanza con Gesù, questo scambio di affetto sincero?
Quante volte anche solo un piccolo gesto può essere importante per chi ci sta accanto ma anche per noi?
E infine, la domanda di Pietro: “Che cosa sarà di lui?“.
Ne possono scaturire diverse interpretazioni: Pietro è semplicemente curioso? È preoccupato per lui? Dato che Gesù gli aveva appena predetto come sarebbe morto, vuole sapere di Giovanni? Gesù non lascia dubbi: tu seguimi. Ad indicare che è questo ciò che conta, che non dobbiamo confrontarci con altri, che la vita che possiamo vivere noi é unica, che il centro di tutto deve essere Lui.
In questi giorni del tempo di Natale, possiamo trovare ancora del tempo per stare vicino a Gesù bambino, nelle nostre chiese, nelle nostre case. Apriamo il nostro cuore al Suo affinché possiamo rinnovare sempre il nostro sì alla sua sequela. Chiediamo allo Spirito Santo di chiamarci e richiamarci per poter camminare sulla strada che per ognuno di noi porta ad una vita piena e felice.
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