“L’umanità è chiamata a prendere coscienza della necessità di cambiamenti di stili di vita, di produzione e di consumo, per combattere questo riscaldamento o, almeno, le cause umane che lo producono o lo accentuano”.
Tutti noi abbiamo una responsabilità comune: la salvaguardia del pianeta Terra.
Negli ultimi decenni è andato aumentando sempre di più l’interesse nei confronti dell’ambiente in cui viviamo, interesse condiviso dalla comunità scientifica, dal mondo politico-economico e anche dalla comunità religiosa, i contributi dei quali hanno portato, nel tempo, ad una consapevolezza delle problematiche che stanno spingendo il pianeta Terra al collasso.
Avvalendosi delle informazioni rese disponibili dalla scienza, diversi pontefici, tra i quali Giovanni Paolo II e Francesco, hanno evidenziato la necessità di un cambiamento, invitando ad un’azione comune di salvaguardia dell’ambiente.
L’ambiente può essere inteso come quel luogo, teatro di complesse interazioni tra l’uomo e la natura, entro i cui confini si può ritrovare il senso di tutto ciò che riguarda la vita dell’essere umano.
La custodia del pianeta è senz’altro legata al rispetto per le forme di vita, al rispetto per le bellezze naturali e alla necessità di poter usufruire dei servizi ecosistemici che la stessa Terra ci offre (come, per esempio, la capacità di assorbimento dei rifiuti, i sistemi tampone acquatici ed atmosferici e tutto il capitale naturale senza il quale non potremmo vivere), ma non riguarda solo l’ecologia.
Le azioni di tutela che dobbiamo intraprendere oggi servono a prevenire le catastrofi che possono riversarsi sulle popolazioni, in particolar modo quelle più vulnerabili a causa della povertà, spesso dovuta a condizioni di vita estreme proprie del tipo di ambiente in cui vivono.
È bene che ognuno di noi abbia la consapevolezza delle proprie azioni e della propria impronta ecologica, la quale risulta attualmente in forte squilibrio, a favore dei paesi sviluppati (USA, Europa Occidentale, Cina ed India).
L’impronta ecologica è un indicatore utilizzato per descrivere, in ettari, l’area terrestre occupata da un essere umano, in termini di fornitura di risorse/servizi e assorbimento di rifiuti.
“I grandi sapienti del passato, in questo contesto, correrebbero il rischio di vedere soffocata la loro sapienza in mezzo al rumore dispersivo dell’informazione”.
Il deterioramento degli spazi naturali incide tanto sulla natura quanto sugli esseri umani, non strettamente in senso medico, ma anche in senso culturale. L’ambiente urbano altamente antropizzato e le tecnologie allontanano il nostro contatto con la natura, con le nostre origini.
Perdiamo l’orientamento e la visione di ciò che è realmente necessario per noi e per le generazioni future.
Non erediteranno solamente un pianeta sull’orlo della crisi, morente, da salvare, ma anche abitudini sbagliate e non necessarie, trovandosi a dover gestire una problematica di portata globale senza i giusti mezzi e la motivazione necessaria per affrontarla.
“[…] Abbiamo bisogno di nuova solidarietà universale.”
Le cause sono sotto i nostri occhi, ma non le vediamo o non le vogliamo vedere; spesso sono le nostre scelte di vita a determinare la scarsità di risorse, ma è più comodo puntare il dito contro le istituzioni che non fanno abbastanza o le multinazionali che stanno distruggendo il mondo.
Ovviamente queste hanno più responsabilità di chiunque altro, nel senso di prevenzione dall’inquinamento, ma è sbagliato pensare di non essere loro complici nel depauperare il capitale naturale. Se tutti ci astenessimo dall’acquisto di determinati prodotti, la domanda calerebbe e l’offerta verrebbe rimodulata di conseguenza e alcuni mercati tenderebbero a scomparire o a riconvertire la produzione.
Siamo noi stessi che con un po’ di buon senso e di reale consapevolezza potremmo realmente cambiare le sorti di questo futuro incerto per le future generazioni. Ci vuole un reale interesse e ci vuole unione per perseguire lo scopo di lasciare a chi verrà dopo di noi un ambiente salubre e un pianeta ospitale che possa accoglierne i bisogni e le speranze.
Matteo
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