La bellezza è negli occhi di chi contempla

Una scena da teatro

Una scena da teatro

Siamo a teatro. Ci sistemiamo sulle poltroncine rivestite di velluto rosso, spegniamo il cellulare, sfogliamo distrattamente il programma di sala: mettono in scena l’episodio della vocazione di San Matteo (Levi), brano del Vangelo che leggeremo nella penultima domenica del tempo dopo l’Epifania.

Si apre il sipario. Lo spazio è spoglio, gli oggetti di scena ridotti all’essenziale: un tavolo, una sedia, una panca. La parte alta della scenografia è tutta vuota, compare solo una finestra: l’ambiente è buio, la luce non arriva da lì. 
Attorno al tavolo vari personaggi, giovani e vecchi, sono tutti intenti a contar monete: sono esattori delle tasse, riccamente abbigliati come uomini del Seicento, con stoffe cangianti, piume sui cappelli e spadino alla cintura.  
All’improvviso arrivano da destra due strani personaggi, vestiti invece all’antica con lunghe tuniche. Nessuno parla, parlano le mani: gli uomini di destra indicano/chiamano il protagonista – il signore barbuto dal cappello nero – che, con gli occhi sbarrati dallo stupore e ritraendo il busto – quasi spaventato – a sua volta indica se stesso, come per chiedere conferma se si stiano davvero rivolgendo a lui. 
Nel frattempo c’è chi continua a contare monete totalmente assorto, oppure chi si accorge dell’accaduto e si volta di scatto – incuriosito, dubbioso, affascinato. 
La fine la sappiamo, la racconta il Vangelo.
Gli disse “Seguimi”. Egli si alzò e lo seguì. 
Sipario chiuso.

La “Vocazione di Matteo” di Caravaggio è stata dipinta tra il 1599 e il 1600 a Roma e fa parte del trittico con le storie di Matteo della Cappella Contarelli in San Luigi dei Francesi.

La luce è innaturale perché è una luce divina, che accompagna l’incedere di Cristo, affiancato da Pietro (la Chiesa), che replica e rafforza il gesto della chiamata. Gli abiti contemporanei al pittore rendono chiaro il messaggio: questa non è storia passata, ma contemporanea. Gesù ci chiama tutti i giorni: sta al nostro libero arbitrio reagire, rispondere oppure restare indifferenti e indaffarati nelle nostre faccende.

Arianna

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