Prima di tutto, ringrazio Dio oggi per questa meraviglia di liturgia! Ogni Sua Parola oggi va gustata, letta e riletta e meditata, a partire dal testo dello Shema Israel. Ci fermeremo tuttavia sul testo del Vangelo, come sempre.
Lc 10, 25-37
In quel tempo. Un dottore della Legge si alzò per mettere alla prova il Signore Gesù e chiese:
«Maestro, che cosa devo fare per ereditare la vita eterna?».
Gesù gli disse: «Che cosa sta scritto nella Legge? Come leggi?».
Costui rispose: «Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza e con tutta la tua mente, e il tuo prossimo come te stesso».
Gli disse: «Hai risposto bene; fa’ questo e vivrai».
Ma quello, volendo giustificarsi, disse a Gesù: «E chi è mio prossimo?».
Gesù riprese: «Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gerico e cadde nelle mani dei briganti, che gli portarono via tutto, lo percossero a sangue e se ne andarono, lasciandolo mezzo morto.
Per caso, un sacerdote scendeva per quella medesima strada e, quando lo vide, passò oltre.
Anche un levita, giunto in quel luogo, vide e passò oltre.
Invece un Samaritano, che era in viaggio, passandogli accanto, vide e ne ebbe compassione. Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino; poi lo caricò sulla sua cavalcatura, lo portò in un albergo e si prese cura di lui.
Il giorno seguente, tirò fuori due denari e li diede all’albergatore, dicendo: “Abbi cura di lui; ciò che spenderai in più, te lo pagherò al mio ritorno”.
Chi di questi tre ti sembra sia stato prossimo di colui che è caduto nelle mani dei briganti?».
Quello rispose: «Chi ha avuto compassione di lui».
Gesù gli disse: «Va’ e anche tu fa’ così».
Si tratta di una parabola arcinota, di cui si sprecano le interpretazioni teologiche, non per ultima quella di Papa Francesco nella “Fratelli Tutti”.
Mi lascio interrogare allora a livello personale. Mi stuzzica la domanda iniziale del dottore della legge. Forse a volte, da insegnante di religione -esperta della materia!- mi chiedo la stessa cosa e lo chiedo al Buon Dio: “cosa devo fare per avere la vita eterna?”, cosa mi salva?
Ecco, sto man mano capendo che la domanda non è esatta, perché sto riscoprendo che la risposta è “l’altro mi salva”. La domanda quindi è “CHI mi salva?” ed io “chi posso salvare?”. Intendiamoci: Nessuno! Solo Dio ci salva, ma Dio è Amore, dunque l’amore ci salva, anche quello che ci doniamo reciprocamente.
Ecco forse uno dei tanti sensi della parabola, in cui Gesù alla fine (v.36) ribalta proprio del tutto la domanda del dottore della legge, dicendo: chi è stato il prossimo del malcapitato nelle mani dei briganti? E non “chi è il mio prossimo” come chiede al v.29.
Gesù ci suggerisce il ribaltamento che dobbiamo fare: se è vero che l’Altro mi salva, io facendomi prossimo, posso essere Altro di un fratello nel bisogno.
In quel gesto di carità, io da uomo (o meglio, da donna!) sono segno di Dio che salva, perché mi so far accanto, so prestare cura, posso condividere il dolore, cercare una soluzione concreta, compromettendomi, spendendo tempo e risorse per l’altro.
Fatto nella gratuità, con gioia, senza recriminare o pretendere. Bello sarebbero relazioni vere costruite così in cui siamo “debitori di nulla a nessuno, se non dell’amore vicendevole”. (Rm 13,8)
Ringrazio i miei studenti che a tal proposito mi hanno regalato e condiviso con me il tatuaggio del “contagiosi nell’Amore” durante la festa degli oratori!
La vera legge del cristiano non sono “solo” i dieci comandamenti, ma Gesù chiede un pezzo di più…
non basta la legalità, occorre la giustizia! Dio è giusto perché ci ama; noi per essere uomini e donne giuste dobbiamo amare gli altri, non solo rispettare una norma, perché come ci dice san Paolo “chi ama l’altro ha adempiuto la Legge” (Rm 13,8b).
D’altronde “La carità non fa alcun male al prossimo”: se ci amiamo reciprocamente, evidentemente rispetteremo pure i 10 comandamenti.
Ecco la mia preghiera per oggi, un invito a me stessa e a chi mi sta intorno: “Perciò gettiamo via le opere delle tenebre e indossiamo le armi della luce”. (Rm 13,12) Cerchiamo di volerci bene fra noi, ovvero di procurare bene gli uni gli altri, per quanto è nelle nostre possibilità, al meglio di quello che possiamo! Contagiosi nell’amore!
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