La bellezza è negli occhi di chi contempla

XIII domenica dopo Pentecoste

XIII domenica dopo Pentecoste

Luca 7,1b-10

 

In quel tempo. Il Signore Gesù entrò in Cafàrnao. Il servo di un centurione era ammalato e stava per morire. Il centurione l’aveva molto caro. 

Perciò, avendo udito parlare di Gesù, gli mandò alcuni anziani dei Giudei a pregarlo di venire e di salvare il suo servo.

 

 

Costoro, giunti da Gesù, lo supplicavano con insistenza: «Egli merita che tu gli conceda quello che chiede – dicevano –, perché ama il nostro popolo ed è stato lui a costruirci la sinagoga».

 

 

Gesù si incamminò con loro. Non era ormai molto distante dalla casa, quando il centurione mandò alcuni amici a dirgli: «Signore, non disturbarti! Io non sono degno che tu entri sotto il mio tetto; per questo io stesso non mi sono ritenuto degno di venire da te; ma di’ una parola e il mio servo sarà guarito.

 

Anch’io infatti sono nella condizione di subalterno e ho dei soldati sotto di me e dico a uno: “Va’!”, ed egli va; e a un altro: “Vieni!”, ed egli viene; e al mio servo: “Fa’ questo!”, ed egli lo fa».

 

 

All’udire questo, Gesù lo ammirò e, volgendosi alla folla che lo seguiva, disse: «Io vi dico che neanche in Israele ho trovato una fede così grande!».

 

E gli inviati, quando tornarono a casa, trovarono il servo guarito.

 

In questa domenica di agosto, in cui il caldo si è fatto sentire nei giorni scorsi, il messaggio della liturgia è molto semplice: occorre affidarsi a Gesù, alla sua Parola di salvezza, che salva perché è vera, certa, buona, non delude.

La fede nasce dall’ascolto”, dice Paolo in Rom 10,17: ci richiama l’importanza di predisporre il nostro cuore attento alla Sua Parola, di cercare e ascoltare parole buone nella nostra quotidianità e non credere a cattivi suggerimenti, dati, opinioni di chi fa i propri interessi nel mondo di oggi.

Il centurione, a sua volta “capo” con subalterni, sa quanto è importante dare buone indicazioni: richiama anche noi all’uso della nostra intelligenza, delle parole che escono dalla nostra bocca, al “ruolo” che abbiamo noi oggi per il mondo in quanto discepoli di Gesù.

Le nostre parole sanno essere utili, incoraggiare, sono vere e semplici o talvolta nascondiamo secondi fini, interessi egoistici? Sono parole degne di fede, credibili oppure motivo di divisione, di sfiducia?

 

Mi colpisce sempre molto quando Gesù resta “spiazzato” dagli incontri che fa! C’è qualcuno che ci riesce e trova la sua ammirazione! È bello che ciascuno di noi ha la stessa possibilità di “spiazzare” gli altri, mostrando la propria fede, la certezza che qualcosa di buono ci sia per tutti, tanto da osare chiedere e chiamare in causa il Signore Gesù!

Mi chiedo quale sia il vero “miracolo” di questo brano: sicuramente la guarigione, ma ancora di più la tenacia del centurione, l’estrema attenzione di Gesù nei nostri confronti, la fede di un uomo non israelita.

Noi pensiamo di dover “meritare” il dono, e superficialmente questo brano sembra confermarlo, invece è l’umiltà e il riconoscersi piccolo del centurione che permette al suo cuore di aprirsi e accogliere la salvezza, offerta gratuitamente da D-o a tutti

 

Sappiamo anche noi “supplicare con insistenza”  (Lc 7,4) e disturbare Gesù per qualcuno che ci è caro, per una situazione di malattia, per chi sta soffrendo? Siamo ripiegati su noi stessi o sappiamo chiedere pace per l’Afghanistan, lottare contro l’ingiustizia, ringraziare per i doni ricevuti, stupirci per l’affetto delle persone care, impegnarci a servizio di chi incontriamo?

Signore Gesù, di’ una parola e salvaci! Perdonaci per quelle volte che non abbiamo creduto al tuo Vangelo! insegnaci la gratuità, l’umiltà, la semplicità di cuore!

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